2
" «Che c’è?» sussurrò, non potendo più
sopportare quel silenzio.
Colin sussultò, come se fosse stato beccato con le mani nel sacco, ma, alla fine, appoggiò la testa sulla sua spalla.
«Stavo soltanto pensando che è tutto così… confortevole. Non mi rado da un
mese, non faccio la doccia due volte ogni giorno né mi preparo prima del sesso.
Credevo che mi sarebbe dispiaciuto, ma non è così. E credo che lo stesso valga
per te.»
Taron sbuffò e lo strinse. «Sei perfetto così come sei.» Era stato troppo sdolcinato. Andava bene. Gli era concesso dopo un orgasmo.
Colin farfugliò qualcosa, e anche se
Taron non poté vedere il suo viso, percepì il sorriso del suo compagno "
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" «Vuoi più di un uccello? Otterrai quello che vuoi da me,» ringhiò Taron, facendo scontrare le loro fronti. Aveva un’aria spietata, come se fosse pronto per andare in guerra.
Colin scosse il capo, cercando di respingerlo, ma Taron lo bloccò contro la parete e gli afferrò l’uccello attraverso il tessuto dei pantaloni.
Colin non riuscì più a riflettere. Tra la rabbia, la delusione, e quell’improvvisa ondata di calore nelle sue palle,
fissò Taron, respirando a fatica. «Voglio solamente…»
Che cosa voleva di preciso? Un riconoscimento? Sentirsi al sicuro? Desiderava che Taron si preoccupasse per lui?
E perché? Per riuscire a scappare
con più facilità quando sarebbe giunto il momento? Se doveva essere sincero, non ci aveva pensato molto "
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" «Quando ti fiderai di me?»
“Ci penserò.”
Significava che avrebbe pensato alla
proposta di andare al cinema o al fatto di fidarsi di lui? Colin non ebbe
occasione di chiederglielo, perché Taron corse verso la porta.
Scopavano come degli sposini da settimane, ma Taron si aspettava ancora di ricevere un coltello nella schiena?
Colin lo seguì fuori, posando lo sguardo su quelle spalle ampie. Era inutile litigare in quel momento, anche se il collare, che fino a quel momento aveva dimenticato, divenne di nuovo una
morsa opprimente attorno al suo collo. «Stai attento,» disse, quando Taron tirò
fuori dal capannone l’attrezzatura per la pesca.
L’uomo gli sorrise e lo salutò, come se non avessero appena avuto una conversazione imbarazzante. Era ovvio. Taron era un maestro quando si trattava di evitare una discussione. Comunque, Colin poteva solamente occuparsi del giardino mentre aspettava che lui tornasse.
Oppure aveva un’alternativa?
Sarebbe rimasto a pescare per un paio d’ore, abbastanza tempo da permettergli di raggiungere la strada, anche a piedi. Il clima era magnifico, e poteva portare con sé acqua e qualcosa da mangiare.
Non avrebbe nemmeno avuto bisogno di raccontare alle autorità quello che era successo. Avrebbe detto di aver dimenticato ogni cosa, mentendo spudoratamente quando avrebbe spiegato loro che aveva sentito il bisogno di una tregua dal caos dalla vita di tutti i giorni in città.
Tuttavia, l’ansia affondò i suoi artigli, provocandogli dei crampi allo stomaco non appena immaginò la delusione sul volto di Taron, pronto a mostrare con orgoglio quello che aveva pescato per cena, quando avrebbe trovato la casa vuota.
Non poteva fargli una cosa simile, dopo avergli chiesto di fidarsi di lui "
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" Colin ringhiò, quasi strozzandosi;
afferrò Taron per le spalle, per farlo sollevare, e allargò le gambe per quanto
possibile. Sibilò quando una fitta di dolore gli colpì la gamba che stava
guarendo, ma quel tutore improvvisato fu sufficiente per tenerla ferma. Aveva
soltanto bisogno di scopare con Taron per toglierselo dalla testa. Aveva
bisogno che Taron lo consumasse. Niente baci o carezze, solamente un uccello
che faceva il suo lavoro.
Non era necessario che Taron fosse una brava persona per uno scopo simile.
Tuttavia, quando finirono faccia a faccia, gli occhi famelici dell’uomo lo trafissero, bloccandolo sul letto, e il cuore di Colin smise di battere.
No. Non voleva guardarlo. Desiderava soltanto scopare. Violento, rude e veloce. Malvagio
come Taron.
Quel bastardo aveva in pugno il suo cuore, e lo stava stringendo con troppa forza, per questo doveva allontanarsi da lui. Si voltò di scatto, facendo scontrare la gamba con la coscia di Taron, ma quella sensazione di disagio non fu sufficiente a fermarlo, perché il dolore al cuore era peggiore di qualsiasi altra ferita "
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" Ho detto che ti amo.”
Quelle parole furono un duro colpo. Colin non voleva vedere quei segni. Voleva strapparsi gli occhi e non vederli mai più.
«E io ti ho detto di chiudere il becco, cazzo! Volevo un cazzo nel culo, non delle bugie.»
Taron si mise in piedi e, prima che Colin potesse comprendere quello che stava succedendo, lo schiaffeggiò con forza. Quel colpo lo costrinse a prendersi il viso tra le mani, ma quello che fu davvero ferito fu il suo orgoglio. Con che coraggio Taron si comportava come se fosse lui quello che stava soffrendo?
Colin strinse i denti, e si addossò di più alla parete, quando Taron sollevò le braccia in aria ed emise dei versi quasi incomprensibili.
«Non farlo. Non mi ami. Se mi amassi, mi avresti ascoltato quando ti ho detto che avevo bisogno di un medico, ma fai sempre come ti pare e piace. Mi tieni in prigione, con un collare,» disse, sebbene si fosse quasi strozzato quando lo strattonò. «Cazzo, non lo so, magari pensi di amarmi, ma sono soltanto la scopata più conveniente che ti sia mai capitata. Ti sono stato servito su un piatto d’argento!»
Quando finì, il bruciore alla gola gli confermò che aveva urlato con tutto il fiato che aveva nei polmoni. Sentì una strana vibrazione alle orecchie, ma non si tirò indietro. Non voleva diventare il giocattolino del sesso di Taron "
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" Singhiozzò quando la sua gamba tremò,
ma andò avanti, concentrandosi sulla strada di fronte a lui. Si era risvegliato
da un lungo sogno, ed era ora di affrontare la realtà. Desiderava solamente che
il futuro comprendesse ancora le braccia di Taron. Era patetico, ma era stufo
di giustificare ciò che provava.
Odiava Taron, ma odiava ancora di
più l’espressione ferita che aveva visto nei suoi occhi quando aveva provato a
confessare il suo amore la seconda volta. Avrebbe dovuto essere felice di
essere riuscito a ferire quel mostro, ma non provò alcuna soddisfazione nel
dolore di Taron, così continuò a singhiozzare.
Non importava quanto fosse
irrazionale, si sentiva come se stesse lasciando una parte importante di se
stesso, che non sarebbe mai riuscito a ritrovare. Una parte che non faceva
battute cattive, che adorava svegliarsi al mattino senza dover staccare la
sveglia per dieci volte. La persona con cui si sentiva davvero a suo agio
nonostante il collare, la mancanza di internet e della sua famiglia. La persona
che non considerava le coccole una perdita di tempo e che adorava guardare le
stelle la notte, mentre un gatto era seduto sul suo grembo e un braccio
muscoloso era appoggiato sulle sue spalle. La persona che lo considerava abbastanza. "
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12
" La vista di quella creatura lo costrinse ad appoggiare la schiena mentre gli ingranaggi del suo cervello iniziavano a muoversi, cercando con difficoltà di adattarsi alle nuove parti aggiunte al meccanismo. Sembrava quasi che fossero trascorsi anni e non mesi dalla sua scomparsa, e andò su tutte le furie con sua madre perché aveva un maledetto cane e non tanto per il fatto che non lo avesse ancora notato. Comunque, era anche vero che lui non aveva fatto una sola mossa per scendere dall’auto e rincorrerla. Che cazzo di problema aveva?
«Non sapevo che avessero un cane,» sussurrò.
«Cos’è? Un Pomerania?»
Taron si voltò verso di lei, ma la
donna stava tornando in casa. Si strinse nelle spalle, lasciando Colin a
tormentarsi le dita.
Era un quartiere tranquillo e, a quell’ora della sera, era quasi un mortorio, ma per qualche ragione il silenzio in auto divenne più confortevole dell’atmosfera pacifica che lo aspettava fuori.
«Credi che lo abbia preso dopo la mia scomparsa?» riprovò Colin.
Taron sospirò. “Forse. Vali di più di un cane, Colin.”
Colin deglutì e si aggrappò al tessuto dei pantaloni troppo grandi per lui. «Non lo so. A volte ho la sensazione che non mi abbiano mai voluto davvero, ed è per questo che mi hanno cresciuto i miei nonni finché non sono diventato abbastanza grande da soddisfare le loro aspettative.» "
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" Taron gli strinse una mano, e restò a fissarlo per qualche secondo, ma poi si avvicinò per un bacio, e gli strinse
il volto tra le mani. Imparava in fretta, perché, dal loro primo bacio, il primo in assoluto per Taron, le sue labbra erano diventate una droga per Colin.
Avevano pomiciato ogni giorno. Taron riversò tutta la sua passione in quel bacio, ma prolungò la sua agonia.
Colin si allontanò, respirando a fatica non appena tornò a sedersi. Il buio della sera regalava una luce sufficiente affinché si vedessero, e si sentì in imbarazzo al pensiero che Taron
potesse vederlo con il viso contorto dal dolore. Ancora una volta, Colin non si fidò della propria voce, così usò il linguaggio dei segni per dire: “Ti amo.”
“Credevo che mi odiassi,” rispose Taron senza sorridere. Non batté ciglio, come se non volesse perdersi nemmeno un secondo della presenza di Colin.
Colin cercò di spiegarsi, anche se con difficoltà, ma alla fine disse: “Sono uno stupido. Ero arrabbiato. Mi dispiace di averti ferito.”
“Capisco che la tua vita sia là fuori, ma se qualche volta ti andasse di farmi visita…»
Colin si sporse e gli afferrò le mani. Aveva un disperato bisogno che capisse. «No. Mi sento veramente me stesso solo quando sono con te. Se mi vuoi ancora… ti prego, portami a casa,» sussurrò.
Taron sorrise e avvicinò le mani di Colin per baciarle. Dovette lasciarlo per comunicare, ma impiegò secoli prima di rispondere. “Non sei un peso. Ti amo. Quando sto con te, non mi preoccupo solamente della fine del mondo. Adesso sento il bisogno di vivere il futuro.”
Colin annuì e gli allacciò le braccia attorno al collo, conficcandosi il freno a mano nel fianco. Si sentì in
pace con se stesso non appena Taron lo strinse, e strofinò il viso contro la sua guancia, desiderando marchiarlo con il suo odore, anche se non c’era nessuno che avesse intenzione di portargli via il suo uomo.
Forse quel cazzo di audio libro non
si era sbagliato. Forse il cambiamento era un bene, anche se era difficile. "
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" Era sempre stato lui ad avere il
controllo con i suoi partner sessuali, anche se preferiva essere passivo. Quella
situazione era completamente diversa. Era una pazzia senza alcuna sicurezza. Odiava
Taron per avergli sconvolto la vita, per averlo tenuto prigioniero; tuttavia,
non riuscì a trovare alcun difetto nel cazzo ancora duro dentro di lui. Bramava
poter adorare quell’uccello maestoso con la lingua e addormentarsi con la testa
tra le sue cosce forti e pelose.
Quando l’eccitazione fu rimpiazzata
dalla stanchezza, la fisicità di quella situazione gli travolse i sensi. Rimase
disteso in mezzo al fango, ancora più sporco di prima, mentre il suo culo
bruciava come se il cazzo di Taron fosse stato ricoperto di pepe di Cayenna, e
quando il suo rapitore si allontanò, una scia bagnata accompagnò l’uscita
dell’uccello, scivolando tra le sue natiche e colando fino alle palle.
Riusciva a malapena a respirare.
Che cazzo aveva fatto? "
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