165
" Qui étaient-ils, mes élèves ? Pour un certain nombre d'entre eux le genre d'élève que j'avais été à leur âge et qu'on trouve un peu partout dans les boîtes où échouent les garçons et les filles éliminés par les lycées honorables. Beaucoup redoublaient et se tenaient en piètre estime. D'autres se sentaient simplement à côté, hors du "système". Certains avaient perdu jusqu'au vertige le sens de l'effort, de la durée, de la contrainte, bref du travail ; ils laissaient tout bonnement aller la vie, s'adonnant, à partir des années quatre-vingt, à une consommation effrénée, ne sachant point user d'eux-mêmes et ne mettant leur être que dans ce qui était étranger à eux (la réflexion de Rousseau, transposée au plan matériel, ne les avait pas laissés indifférents). (p. 166) "
― Daniel Pennac , Chagrin d'école
169
" Pour qu'ils aient une chance d'y arriver, il fallait leur réapprendre la notion même d'effort, par conséquent leur redonner le goût de la solitude et du silence, et surtout la maîtrise du temps, donc de l'ennui. Il m'est arrivé de leur conseiller des exercices d'ennui, oui, pour les installer dans la durée. Je les priais de ne rien faire : ne pas se distraire, ne rien consommer, pas même de la conversation, ne pas travailler non plus, bref, ne rien faire, rien de rien. (p. 169-170) "
― Daniel Pennac , Chagrin d'école
175
" Insomma, gli abbiamo insegnato tutto del libro all'epoca in cui non sapeva leggere. Gli abbiamo rivelato l'infinita diversità delle cose immaginarie, l'abbiamo iniziato alle gioie del viaggio verticale, l'abbiamo dotato dell'ubiquità, liberato da Crono, immerso nella solitudine favolosamente affollata del lettore... Le storie che gli leggevamo brulicavano di fratelli, sorelle, doppi ideali, squadriglie di angeli custodi, schiere di amici tutelari che si facevano carico delle sue pene, ma che, lottando contro i propri orchi, trovavano anch'essi rifugio fra i battiti inquieti del suo cuore. Era diventato il loro angelo reciproco: un lettore. Senza di lui, il loro mondo non esisteva. Senza di loro, lui rimaneva imprigionato nello spessore del suo. Così scoprì la virtù paradossale della lettura, che è quella di astrarci dal mondo per trovargli un senso. "
― Daniel Pennac , Comme un roman
179
" All'inizio dell'anno scolastico, mi capita di chiedere ai miei studenti di descrivermi una biblioteca. Non una biblioteca pubblica. No, il mobile, quello dove si mettono i libri. E loro mi descrivono un muro. Una scogliera di sapere, rigorosamente ordinata, assolutamente impenetrabile, una parete contro la quale non si può fare altro che rimbalzare.
- E un lettore? Descrivetemi un lettore.-
- Un vero lettore?-
- Se volete, anche se non so cosa intendete per vero lettore.-
I più - rispettosi- fra loro mi descrivono il Padreterno in persona, una specie di eremita antidiluviano, seduto da sempre su una montagna di libri dei quali avrebbe succhiato il senso fino a capire il perché di tutte le cose. Altri mi abbozzano il ritratto di un individuo affetto da autismo profondo, talmente assorbito nei libri da andare a sbattere contro tutte le porte della vita. Altri ancora mi fanno un ritratto in negativo, applicandosi a enumerare tutto ciò che un lettore non è: non è sportivo, non è vivace, non è simpatico, non gli piace né il mangiare, né il vestirsi, né le auto, né la tivù, né la musica, né gli amici... altri, infine, più - strateghi- erigono davanti al professore la statua accademica del lettore consapevole dei mezzi messi a disposizione dai libri per accrescere le sue conoscenze e affinare le sue facoltà intellettuali. Alcuni mescolano questi diversi registri, ma non ce n'è uno, uno solo che descriva se stesso, o un membro della sua famiglia o uno degli innumerevoli lettori che incrocia tutti i giorni sulla metropolitana. "
― Daniel Pennac , Comme un roman