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" A volte le brutte esperienze aiutano, servono a chiarire che cosa dobbiamo fare davvero. Forse ti sembro troppo ottimista, ma io penso che le persone che fanno solo belle esperienze non sono molto interessanti. Possono essere appagate, e magari a modo loro anche felici, ma non sono molto profonde. Ora la tua ti può sembrare una sciagura che ti complica la vita, ma sai… godersi i momenti felici è facile. Non che la felicità sia necessariamente semplice. Io non credo, però, che la tua vita sarà così, e sono convinta che proprio per questo tu sarai una persona migliore. Il difficile è non lasciarsi abbattere dai momenti brutti. Devi considerarli un dono - un dono crudele, ma pur sempre un dono.
[…]
Stupidamente mi sembrava che se me le fossi tenute vicino, la mia vita non sarebbe stata infelice.
Ma sapevo bene che non avevano tanto potere, anzi che non ne avevano per niente. Erano solo cose. Oggetti. "
― Peter Cameron , Someday This Pain Will Be Useful to You
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" There are people who are uncomfortable with a silence, who rush to fill it by saying anything, thinking that anything is better than nothing, but I am not one of those people. I am not at all disquieted by silence. And neither, apparently, was Dr. Adler.
One day our session began in this quiet (silent) way, but it was not wholly due to my recalcitrance—I just couldn’t think of anything to say. Dr. Adler had instructed me to always say whatever I was thinking, but this was difficult for me, for the act of thinking and the act of articulating those thoughts were not synchronous to me, or even necessarily consecutive. I knew that I thought and spoke in the same language and that theoretically there should be no reason why I could not express my thoughts as they occurred or soon thereafter, but the language in which I thought and the language in which I spoke, though both English, often seemed divided by a gap that could not be simultaneously, or even retrospectively, bridged. I’ve always been fascinated by the idea of simultaneous translation, like at the UN where everyone is wearing little transmitters in their ears and you know that somewhere behind the scenes the simultaneous translators are listening and transforming what is said from one language into another. "
― Peter Cameron , Someday This Pain Will Be Useful to You
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" Per me l'atto di pensare e quello di esprimere i pensieri non sono simultanei, e neppure necessariamente consecutivi. So di pensare e parlare nella stessa lingua, e so che in teoria non c’è ragione per cui io non possa comunicare i miei pensieri non appena si formano o immediatamente dopo; eppure la lingua in cui io penso e quella in cui parlo sembrano spesso talmente lontane che mi pare impossibile colmare il vuoto sul momento, o anche retroattivamente.
Mi ha sempre affascinato l’idea della traduzione simultanea, come alle Nazioni Unite, dove nel pubblico tutti hanno gli auricolari e si sa che nelle retrovie gli interpreti ascoltano quello che viene detto e lo trasformano in un’altra lingua. Capisco che questo sia possibile, ma per me ha del miracoloso – che le parole siano lanciate in aria in una lingua e ricadano a terra in un’altra come una palla. Credo che nel mio cervello ci sia una specie di setaccio che impedisce un rapido (e tanto meno simultaneo) travaso dei pensieri in parole. Un po’ come il filtro nello scarico della vasca da bagno; c’è qualcosa che mantiene i miei pensieri nel cervello, e così bisogna cavarli a forza, come quegli schifosi grovigli di capelli bagnati.
Riflettevo sui concetti di pensiero e di linguaggio, a quanto sarebbe stato difficile esprimerli – o quantomeno spossante, come se pensarli fosse già abbastanza e dirli fosse pleonastico o riduttivo, perché lo sanno tutti che la traduzione svilisce un testo, è sempre meglio leggere un libro nella lingua originale (À la recherche du temps perdu). Le traduzioni sono delle approssimazioni soggettive e questo è esattamente quello che provo quando parlo: quello che dico non è quello che penso ma solo quello che più gli si avvicina, con tutti i limiti e le imperfezioni del linguaggio. Quindi penso spesso che sia meglio stare zitto anziché esprimermi in modo inesatto. "
― Peter Cameron