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Pier Paolo Pasolini QUOTES

62 " EL PRIVILEGIO DE PENSAR

¡Ah, reconcentrarse, y pensar!
Decirse, esto es, ahora pienso
sentado sobre el banco junto a la ventanilla amiga.
¡Puedo pensar! Quema los ojos, el rostro,
por la verriondez de Piazza Vittorio,
la mañana, y mísero, adhesivo,
mortifica el olor del carbón
la avidez de los sentidos: un dolor terrible
pesa en el corazón, así de nuevo vivo.

Bestia vestida de hombre
niño arrojado solo al mundo,
con su abrigo y sus cien liras,
heroico y ridículo me voy a trabajar,
yo también, para vivir... Poeta, es verdad,
pero mientras heme aquí en este tren,
cargado tristemente de empleados
como por broma, blanco de cansancio,
heme aquí sudando mi salario,
dignidad de mi falsa juventud,
miseria de quienes con humildad interna
y aspereza ostentada me defiendo...
¡Pero pienso! Pienso, en el rincón amigo,
en la íntegra mediahora del recorrido,
desde San Lorenzo a las Capannelle,
desde las Capannelle hasta el aeropuerto,
pensando, buscando infinitas lecciones
en un solo verso, en un trocito de verso.
¡Qué estupenda mañana! ¡A ninguna otra
igual! Ahora hijos de débil
neblina, ignorada detrás de los murallones
del acueducto, recubierto
de casitas pequeñas como perreras,
y calles arrojadas allá, abandonadas,
frecuentadas sólo por aquella pobre gente.
Ahora arrebatos de sol, sobre praderas de grutas
y cuevas, barroco natural, con verdes
extendidos por un Corot pordiosero: ahora soplos de oro
sobre las pistas donde con deliciosas grupas marrones
corren los caballos, montados por muchachos
que parecen aún más jóvenes, y no saben
cuánta luz en el mundo hay en torno a ellos. "

Pier Paolo Pasolini , Poems

70 " Il trauma italiano del contatto tra l’«arcaicità» pluralistica e il livellamento industriale ha forse un solo precedente: la Germania prima di Hitler. Anche qui i valori delle diverse culture particolaristiche sono stati distrutti dalla violenta omologazione dell’industrializzazione: con la conseguente formazione di quelle enormi masse, non più antiche (contadine, artigiane) e non ancora moderne (borghesi), che hanno costituito il selvaggio, aberrante, imponderabile corpo delle truppe naziste. In Italia sta succedendo qualcosa di simile: e con ancora maggiore violenza, poiché l’industrializzazione degli anni settanta costituisce una «mutazione» decisiva anche rispetto a quella tedesca di cinquant’anni fa. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a «tempi nuovi», ma a una nuova epoca della storia umana: di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche. Era impossibile che gli italiani reagissero peggio di così a tale trauma storico. Essi sono divenuti in pochi anni (specie nel centro-sud) un popolo degenerato, ridicolo, mostruoso, criminale. Basta soltanto uscire per strada per capirlo. Ma, naturalmente, per capire i cambiamenti della gente, bisogna amarla. Io, purtroppo, questa gente italiana, l’avevo amata: sia al di fuori degli schemi del potere (anzi, in opposizione disperata ad essi), sia al di fuori degli schemi populistici e umanitari. Si trattava di un amore reale, radicato nel mio modo di essere. Ho visto dunque «coi miei sensi» il comportamento coatto del potere dei consumi ricreare e deformare la coscienza del popolo italiano, fino a una irreversibile degradazione. Cosa che non era accaduta durante il fascismo fascista, periodo in cui il comportamento era completamente dissociato dalla coscienza. Vanamente il potere «totalitario» iterava e reiterava le sue imposizioni comportamentistiche: la coscienza non ne era implicata. I «modelli» fascisti non erano che maschere, da mettere e levare. Quando il fascismo fascista è caduto, tutto è tornato come prima. "

Pier Paolo Pasolini , Scritti corsari

77 " Io credo, lo credo profondamente, che il vero fascismo sia quello che i sociologhi hanno troppo bonariamente chiamato «la società dei consumi». Una definizione che sembra innocua, puramente indicativa. Ed invece no. Se uno osserva bene la realtà, e soprattutto se uno sa leggere intorno negli oggetti, nel paesaggio, nell’urbanistica e, soprattutto, negli uomini, vede che i risultati di questa spensierata società dei consumi sono i risultati di una dittatura, di un vero e proprio fascismo. Nel film di Naldini noi abbiamo visto i giovani inquadrati, in divisa... Con una differenza però. Allora i giovani nel momento stesso in cui si toglievano la divisa e riprendevano la strada verso i loro paesi ed i loro campi, ritornavano gli italiani di cento, di cinquant’anni addietro, come prima del fascismo. Il fascismo in realtà li aveva resi dei pagliacci, dei servi, e forse in parte anche convinti, ma non li aveva toccati sul serio, nel fondo dell’anima, nel loro modo di essere. Questo nuovo fascismo, questa società dei consumi, invece, ha profondamente trasformato i giovani, li ha toccati nell’intimo, ha dato loro altri sentimenti, altri modi di pensare, di vivere, altri modelli culturali. Non si tratta più, come all’epoca mussoliniana, di una irregimentazione superficiale, scenografica, ma di una irregimentazione reale che ha rubato e cambiato loro l’anima. Il che significa, in definitiva, che questa «civiltà dei consumi» è una civiltà dittatoriale. Insomma se la parola fascismo significa la prepotenza del potere, la «società dei consumi» ha bene realizzato il fascismo. "

Pier Paolo Pasolini , Scritti corsari