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" Dopo una dolce carezza come questa ieri mi sono lasciato trasportare sul prato davanti al deserto, e lì ho visto davvero me e te, incapaci di continuare a concentrarci sul testo. Spirava una brezza leggera, il mio giornale frusciava e le pagine del tuo libro si sono messe a scorrere da sole, velocemente. Erano le cinque di sera, il sole brillava ancora e ci siamo sentiti così chiari nella luce, quasi trasparenti. Se fosse passato qualcuno la magia sarebbe svanita, ma eravamo soli, e ancor prima di scambiarci una parola ci siamo trovati avviluppati nella ragnatela delle nostre storie. Tu hai la tua e io la mia, ed era incredibile sentire come si intrecciassero, rapidamente. Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l’anima lacerarsi, catturata nella storia di qualcuno che ti è appena passato accanto. La maggior parte delle volte, però, quelle storie vengono sradicate e muoiono subito, senza che gli interessati si rendano conto di ciò che hanno perso. Rimane solo un leggero dolore che svanisce immediatamente, anche se in me a volte può durare ancora qualche ora, come se avessi avuto un piccolo aborto spirituale. E rimane una sorta di angoscia, la morte della storia. "
― David Grossman , Che tu sia per me il coltello
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" Vorrei solo poter restare qui tutta la notte e continuare a scrivere. Scrivere mi fa bene. Lo sento. Anche quando scrivo cose tristi, qualcosa in me si tranquillizza, sento di avere uno scopo.
Voglio rimanere qui e raccontare le cose più semplici. Descrivere la foglia che è appena caduta. O la catasta di sedie in veranda. O le falene attratte dalla lampada. E raccontare ciò che avviene durante la notte finché il buio si tramuta in luce, fino ai cambiamenti di colore. Potrei rimanere qui seduta per giorni e notti a descrivere ogni stelo d'erba, ogni fiore, i sassi del muretto, le pigne. Solo dopo, quando mi sentirò pronta, passerò a scrivere di me. Del mio corpo, per esempio. Comincerò da lui, da ciò che è tangibile. Ma anche con lui partirò da lontano, dalle dita dei piedi, per avvicinarmi piano piano. Descriverò ogni sua parte, ne annoterò le sensazioni, quelle di un tempo e quelle attuali. I ricordi della caviglia, per esempio, o della guancia, o del collo. Perché no? Attraverso le carezze, i baci e le cicatrici. Mantenermi viva con la scrittura. Ci vorrà un sacco di tempo ma ne ho molto a mia disposizione. La vita è lunga e voglio raccontare di me stessa, raccontare quello che probabilmente nessuno mi racconterà mai. La mia storia. Senza aggiunte, ma anche senza detrazioni. Scrivere senza pretendere nulla. Da nessuno. Scrivere solo la mia voce. "
― David Grossman , Che tu sia per me il coltello
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" Zomaar een mijmering, een pasgeboren stuiverfilosofietje:
Dat de tranen die vloeien als de pupillen elkaar aanraken, zoals ik vroeger droomde, misschien heel anders zijn dan de tranen die de gangbare traangebruiker kent. Ik bedoel - misschien zijn het honingzoete tranen die komen uit een verborgen reservetraankliertje dat we niet eens kennen. Het enige orgaan dat geschapen is in de wetenschap dat het nooit gebruikt zou worden. Een droevige privé-grap van God, die van tevoren wist met wie hij te maken had, want de aantrekkingskracht kan kennelijk wel overwonnen worden, maar niet de afkeer en afweer van een ziel die ineens een andere ziel voor zich ziet, dichtbij en gapend, waarna dus meteen de knippering komt, die de grenswacht is. "
― David Grossman , Che tu sia per me il coltello
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" Sai invece quando ho veramente provato una stretta al cuore? Quando hai descritto te stessa per eliminare qualsiasi dubbio e, chissà perché, ti sei riassunta in una sola frase, oltretutto tra parentesi ("piuttosto alta, capelli lunghi, ricci e ribelli, occhiali...").
Se è davvero così, se ti senti tra parentesi, permettimi allora di infilarmici dentro, e che tutto il mondo ne rimanga fuori, che sia solo l'esponente al di fuori della parentesi e ci moltiplichi al suo interno. "
― David Grossman , Che tu sia per me il coltello