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1 " Alla fine maggio 1916, la mia brigata – reggimenti 399° e 400° – stava ancora sul Carso. Sin dall’inizio della guerra, essa aveva combattuto solo su quel fronte. Per noi, era ormai diventato insopportabile. Ogni palmo di terra ci ricordava un combattimento o la tomba di un compagno caduto. Non avevamo fatto altro che conquistare trincee, trincee e trincee. Dopo quella dei «gatti rossi», era venuta quella dei «gatti neri», poi quella dei «gatti verdi». Ma la situazione era sempre la stessa. Presa una trincea, bisognava conquistarne un’altra. Trieste era sempre là, di fronte al golfo, alla stessa distanza, stanca. La nostra artiglieria non vi aveva voluto tirare un sol colpo. Il duca d’Aosta, nostro comandante d’armata, la citava ogni volta, negli ordini del giorno e nei discorsi, per animare i combattenti. "
― Emilio Lussu , Un anno sull'altipiano
2 " Tenente colonnello Abbati: – Io mi difendo bevendo. Altrimenti, sarei già al manicomio. Contro le scelleratezze del mondo, un uomo onesto si difende bevendo. È da oltre un anno che io faccio la guerra, un po’ su tutti i fronti, e finora non ho visto in faccia un solo austriaco. Eppure ci uccidiamo a vicenda, tutti i giorni. Uccidersi senza conoscersi, senza neppure vedersi! È orribile! È per questo che ci ubriachiamo tutti, da una parte e dall’altra. Ha mai ucciso nessuno lei? Lei, personalmente, con le sue mani? […] Io, nessuno. Già, non ho visto nessuno. Eppure se tutti, di comune accordo, lealmente, cessassimo di bere, forse la guerra finirebbe. Ma, se bevono gli altri, bevo anch’io. Veda, io ho una lunga esperienza, non è l’artiglieria che ci tiene in piedi, noi di fanteria. Anzi, il contrario. La nostra artiglieria ci mette spesso a terra, tirandoci addosso. […] Abolisca l’artiglieria, d’ambo le parti, la guerra continua. Ma provi ad abolire il vino e i liquori. Provi un po’. Si provi. […] Nessuno di noi si muoverà più. L’anima del combattente di questa guerra è l’alcool. Il primo motore è l’alcool. Perciò i soldati, nella loro infinita sapienza, lo chiamano benzina. "
3 " Sottotenente Montanelli: – Bere e vivere. Cognac. Dormire e vivere e cognac. Stare all’ombra e vivere. E ancora del cognac. E non pensare a niente. Perché, se dovessimo pensare a qualcosa, dovremmo ucciderci l’un l’altro e finirla una volta per sempre. E tu leggi? "
4 " Nella vita normale della trincea, nessuno prevede la morte o la crede inevitabile; ed essa arriva senza farsi annunciare, improvvisa e mite. In una grande città d’altronde vi sono più morti d’accidenti imprevisti di quanti ve ne siano nella trincea di un settore d’armata. Anche i disagi sono poca cosa. Anche i contagi più temuti. Lo stesso colera che è? Niente. Lo avemmo fra la 1a e la 2 a armata, con molti morti, e i soldati ridevano del colera. Che cosa è il colera di fronte al fuoco d’infilata di una mitragliatrice? "
5 " Ancora una volta, rimanevo solo io. Tutti se n'erano andati, ancora una volta. E ora dovevo cercare delle lettere, raccontare, spiegare. Non è vero che l'istinto di conservazione sia una legge assoluta della vita. Vi sono dei momenti in cui la vita pesa più dell'attesa della morte. "
6 " L'esperienza serve a valutare la vita per quel che è e non per quello che si vorrebbe che fosse "
7 " «Certo, facevo coscientemente la guerra e la giustificavo moralmente e politicamente. La mia coscienza di uomo e di cittadino non erano in conflitto con i miei doveri militari. La guerra era, per me, una dura necessità, terribile certo, ma alla quale ubbidivo, come ad una delle tante necessità, ingrate ma inevitabili, della vita. Pertanto facevo la guerra e avevo il comando di soldati. La facevo dunque, moralmente, due volte.Forse, era quella calma completa che allontanava il mio spirito dalla guerra. Avevo di fronte un ufficiale, giovane, inconscio del pericolo che gli sovrastava. Non lo potevo sbagliare. Avrei potuto sparare mille colpi a quella distanza, senza sbagliarne uno. Bastava che premessi il grilletto: egli sarebbe stramazzato al suolo. Questa certezza che la sua vita dipendesse dalla mia volontà, mi rese esitante. Avevo di fronte un uomo. Un uomo!Un uomo!Ne distinguevo gli occhi e i tratti del viso. La luce dell’alba si faceva più chiara ed il sole si annunziava dietro la cima dei monti. Tirare così, a pochi passi, su un uomo… come su un cinghiale!Cominciai a pensare che, forse, non avrei tirato. Pensavo. Condurre all'assalto cento uomini, o mille, contro cento altri o altri mille è una cosa. Prendere un uomo, staccarlo dal resto degli uomini e poi dire: «Ecco, sta’ fermo, io ti sparo, io t’uccido» è un’altra. È assolutamente un’altra cosa. Fare la guerra è una cosa, uccidere un uomo è un’altra cosa. Uccidere un uomo, così, è assassinare un uomo.» "