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" «Sono nata a Inverness», raccontai. Il morso di Sachi pulsava, così iniziai a medicarlo. «Poi c'è stato il trasferimento a Perth, e dopo ancora a Edimburgo, l'ultima casa in Scozia, prima di venire Londra».
«Tua madre ama viaggiare, eh?».
«Mia madre adora fuggire da mio padre», puntualizzai. «Hanno divorziato, ma alla fine non si sono mai separati. Lui torna sempre, e penso che lo faccia per abitudine, non perché ci creda davvero. Alcune persone non riescono a staccarsi, chiudono gli occhi anche quando fanno qualcosa, perché a occhi chiusi è più facile mentire». "
― Chiara Panzuti , Absence. Il gioco dei quattro
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" «Questa sei tu. La tua realtà, la tua vera essenza, il tuo io. Tu sei il Nord. E non importa quanto il cielo possa essere scuro, non importa la luce delle stelle o il mare in burrasca. Tu esisterai sempre, e il tuo ago, la tua bussola interiore, indicherà dove sei». Si fermò, la voce leggermente incrinata. «Per i miei genitori era importante, loro volevano che io mi trovassi, che sapessi chi ero. E ora sono io a volerlo con te. Faith, ho bisogno di sapere che mi ricorderai. Se mai ti iniettassero un siero in testa, so che non sarà questa scritta a farti rinsavire, so che non sarà il mio nome a farti ricordare ma ti prego... Faith, posso condividere il tuo Nord? Su questa bussola, possiamo essere il Nord insieme? Cosi quando troverai te stessa... ritroverai anche me. Ovunque, con o senza memoria». "
― Chiara Panzuti , Absence. Il gioco dei quattro
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" Se il mondo non mi voleva, sarei stata ombra, se il mondo non vedeva, sarei stata assenza.
Invisibilità, silenzio, morte.
Sarei stata la solitudine, la vera solitudine, quella che cerchiamo di zittire distraendo le nostre menti con ogni mezzo possibile. Sarei stata la consapevolezza della fine, la certezza di non essere visti, sentiti, memorizzati.
Il resto faceva troppo male. Non si poteva dire, tantomeno pensare. Il resto era il baratro che mi avrebbe spinta sempre più in basso, fino alla pazzia più totale.
Forgiai ciò che restava di me stessa, la rabbia, e con quella decisi di proteggermi. Con quella decisi di reagire.
Volevo bene a Scott e a Christabel. Volevo bene Jared qualunque fosse il sentimento che mi legava a lui. Li avrei protetti a costo della vita, perché loro erano il presente, il vincolo, la famiglia. Meritavano la mia lucidità, meritavano la mia ribellione. "
― Chiara Panzuti , Absence. Il gioco dei quattro
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" Sciolse l'abbraccio e fece scorrere le dita tra i miei capelli. All'inizio non sembrava avere un intento, poi dalla testa arrivò fino alla base della nuca, e da li scese lungo il collo, le spalle, la vita. Premeva i pollici su ogni curva, deciso a farmi sentire cosa era vero, anche se invisibile.
Arrivato ai fianchi si fermò, perché continuare sarebbe stato un azzardo, ma non erano carezze qualsiasi.
Mi stava disegnando.
Lui era la matita, e io l'immagine. "
― Chiara Panzuti , Absence. Il gioco dei quattro
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" Dove andavano tutti? Da cosa dipendeva la fretta?
Ero invisibile, ma in quel momento non facevo eccezione. Ero non-vista in mezzo ai non-visti. Perché Jared aveva ragione, alla gente non importava del mondo attorno. C'era una ricerca maniacale della routine quotidiana, il bisogno spasmodico di accendere il cellulare, controllare i messaggi, fumare la sigaretta tanto attesa. I vicini di posto venivano scavalcati, erano oggetti scomodi da superare. Là fuori li attendeva un posto nuovo che necessitava di vecchie sicurezze.
È una questione di dipendenze.
Lo capii quel giorno, mentre attendevo pazientemente il mio turno per scendere.
Era dipendenza da distrazione. Lo schermo luminoso del telefonino regalava qualcosa in più, una sorta di tranquillante somministrato in tripla dose. La sensazione di esserci ancora: linea, connessione, messaggio, registrazione.
Sono qui. Ci sono.
Esisto. "
― Chiara Panzuti , Absence. Il gioco dei quattro