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" Sì, io... È possibile che la mia vita, proprio la mia, assomigli alla sua? Il lavoro, la famiglia, nessuna passione, nessun rischio da correre, nessuna nobile avventura da vivere, e, per finire, la morte? Non è possibile accettare in anticipo l’idea che tutto ciò basti a riempire la vita, la propria vita, preziosa e unica, e tuttavia… Inizio a credere che un’esistenza qualsiasi, grigia, piatta, possa estenuare l’uomo a tal punto che, invecchiato, egli aspiri al riposo. Al contrario, più la vita è stata appassionata e piena, più comprensibile sarebbe il grido del morente: ‘Come? Di già? Ma non son riuscito a far nulla! Non ho avuto tempo!... Non ho vissuto…’”. "
― Irène Némirovsky , Due
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" «Dio mio, aiutami!», mormorò. Mai, dalla sua infanzia, aveva pregato. Fulminea lo attraversò l'idea di fermarsi nell'androne di una chiesa che aveva scorto sulla strada. Sì, tornare indietro, inginocchiarsi sui gradini di quella chiesa, implorare Dio!... Ma no, era impossibile, bisognava fare in fretta, fare in fretta! "
― Irène Némirovsky , Due
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" Tutti e due pensavano ai giovani – i loro fratelli, i loro amici – le cui ossa erano in decomposizione sotto terra, nelle innumerevoli fosse comuni. Loro, i sopravvissuti, adesso lo sapevano, di essere mortali. È una lezione che di solito si impara da adulti, ma quelli che hanno dovuto apprenderla a vent’anni non la scordano più. Ah, com’era importante affrettarsi a respirare, baciare, bere, fare l’amore! "
― Irène Némirovsky , Due