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Ciò che inferno non è QUOTES

1 " Cinque sono le cose che un uomo rimpiange quando sta per morire. E non sono mai quelle che consideriamo importanti durante la vita. Non saranno i viaggi confinati nelle vetrine delle agenzie che rimpiangeremo, e neanche una macchina nuova, una donna o un uomo da sogno o uno stipendio migliore. No, al momento della morte tutto diventa finalmente reale. E cinque le cose che rimpiangeremo, le uniche reali di una vita.
La prima sarà non aver vissuto secondo le nostre inclinazioni ma prigionieri delle aspettative degli altri. Cadrà la maschera di pelle con la quale ci siamo resi amabili, o abbiamo creduto di farlo. [...]
Il secondo rimpianto sarà aver lavorato troppo duramente, lasciandoci prendere dalla competizione, dai risultati, dalla rincorsa di qualcosa che non è mai arrivato perché non esisteva se non nella nostra testa, trascurando legami e relazioni.
Per terzo rimpiangeremo di non aver trovato il coraggio di dire la verità. Rimpiangeremo di non aver detto abbastanza "ti amo" a chi avevamo accanto, "sono fiero di te" ai figli, "scusa" quando avevamo torto, o anche quando avevamo ragione. Abbiamo preferito alla verità rancori incancreniti e lunghissimi silenzi.
Poi rimpiangeremo di non aver trascorso tempo con chi amavamo. Non abbiamo badato a chi era sempre lì, proprio perché era sempre lì. Eppure il dolore a volte ce lo aveva ricordato che nulla resta per sempre, ma noi lo avevamo sottovalutato come se fossimo immortali, rimandando a oltranza, dando la precedenza a ciò che era urgente anziché a ciò che era importante. E come abbiamo fatto a sopportare quella solitudine in vita? L’abbiamo tollerata perché era centellinata, come un veleno che abitua a sopportare dosi letali. E abbiamo soffocato il dolore con piccolissimi e dolcissimi surrogati […].
Per ultimo rimpiangeremo di non essere stati più felici. Eppure sarebbe bastato far fiorire ciò che avevamo dentro e attorno, ma ci siamo lasciati schiacciare dall’abitudine, dall’accidia, dall’egoismo. "

Alessandro D'Avenia , Ciò che inferno non è

3 " L’inferno non esiste. E se esiste è vuoto. Dicono. Vivono forse in quartieri con giardini e scuole. Ignorano. Inferno sono gli enormi palazzi di cemento, alveari screpolati e abbandonati dalla bellezza, che fanno di cemento l’anima che li abita. L’inferno si annida nei sotterranei di questi palazzi stipati di polvere bianca tagliata alla meglio e carne umana in saldo. L’inferno è fame mai soddisfatta di pane e di parole. Inferno è un bambino sfregiato da fuori verso dentro, dalla pelle fino al cuore. Inferno è il lamento degli agnelli accerchiati dai lupi. Inferno è il silenzio degli agnelli sopravvissuti. Inferno è Maria madre a sedici anni, prostituta a ventidue. Inferno è Salvatore che ha poco pane per i figli e per la vergogna quel poco se lo beve. Inferno sono vie senza alberi e scuole e panchine su cui parlare. Inferno sono strade da cui non si vedono le stelle, perché non è concesso alzare gli occhi. Inferno è una famiglia che decide chi e che cosa sarai. Inferno è la consapevolezza fredda della disperazione altrui. Inferno è farla pagare ad altri perché sentano il sapore amaro che mastichiamo. Inferno è quando le cose non si compiono. Inferno è ogni seme che non diventa rosa. Inferno è quando la rosa si convince che non profuma. Inferno è un passaggio a livello che si apre su un muro. Inferno è ogni bellezza volontariamente interrotta. Inferno è Caterina che si è lanciata dal decimo piano con un ombrello in mano, perché all’inferno non voleva più starci e sperava che un angelo l’afferrasse prima dell’asfalto. Inferno è l’amore possibile ma mai inaugurato. Inferno è odiare la verità, perché amarla ti costerebbe la vita. Inferno è Michele con la schiuma alla bocca e gli occhi bruciati da un’overdose solitaria. Inferno è un vecchio senza nome morto da giorni in casa sua, senza che nessuno se ne accorga. Inferno è non vedere più l’inferno. In questo quartiere di questa città di uomini governano due demoni. Non hanno nomi esotici. Astaroth, Malebranche, Gog e Magog… No. Miseria. Ignoranza. Così si chiamano. Come cavalieri dell’Apocalisse. Misericordia e Parola basteranno ad arginarli? L’inferno esiste. Ed è qui. In queste strade feroci in cui i lupi fanno la tana. E gli agnelli insanguinati tacciono perché hanno più cara la vita di ogni altra cosa. E il sangue è il marchio della vita, perché se la parola non salva lo dovrà fare il sangue. Inferno è un padre che toglie la vita ai figli. L’inferno esiste ed è pieno. Non è al di là, ma al di qua, con mappe e indirizzi. Su Tuttocittà 1993. "

Alessandro D'Avenia , Ciò che inferno non è

4 " L’inferno non esiste. E se esiste è vuoto. Dicono. Vivono forse in quartieri con giardini e scuole. Ignorano. Inferno sono gli enormi palazzi di cemento, alveari screpolati e abbandonati dalla bellezza, che fanno di cemento l’anima che li abita. L’inferno si annida nei sotterranei di questi palazzi stipati di polvere bianca tagliata alla meglio e carne umana in saldo. L’inferno è fame mai soddisfatta di pane e di parole. Inferno è un bambino sfregiato da fuori verso dentro, dalla pelle fino al cuore. Inferno è il lamento degli agnelli accerchiati dai lupi. Inferno è il silenzio degli agnelli sopravvissuti. Inferno è Maria madre a sedici anni, prostituta a ventidue. Inferno è Salvatore che ha poco pane per i figli e per la vergogna quel poco se lo beve. Inferno sono vie senza alberi e scuole e panchine su cui parlare. Inferno sono strade da cui non si vedono le stelle, perché non è concesso alzare gli occhi. Inferno è una famiglia che decide chi e che cosa sarai. Inferno è la consapevolezza fredda della disperazione altrui. Inferno è farla pagare ad altri perché sentano il sapore amaro che mastichiamo. Inferno è quando le cose non si compiono. Inferno è ogni seme che non diventa rosa. Inferno è quando la rosa si convince che non profuma. Inferno è un passaggio a livello che si apre su un muro. Inferno è ogni bellezza volontariamente interrotta. Inferno è Caterina che si è lanciata dal decimo piano con un ombrello in mano, perché all’inferno non voleva più starci e sperava che un angelo l’afferrasse prima dell’asfalto. Inferno è l’amore possibile ma mai inaugurato. Inferno è odiare la verità, perché amarla ti costerebbe la vita. Inferno è Michele con la schiuma alla bocca e gli occhi bruciati da un’overdose solitaria. Inferno è un vecchio senza nome morto da giorni in casa sua, senza che nessuno se ne accorga. Inferno è non vedere più l’inferno. In questo quartiere di questa città di uomini governano due demoni. Non hanno nomi esotici. Astaroth, Malebranche, Gog e Magog… No. Miseria. Ignoranza. Così si chiamano. Come cavalieri dell’Apocalisse. Misericordia e Parola basteranno ad arginarli? L’inferno esiste. Ed è qui. In queste strade feroci in cui i lupi fanno la tana. E gli agnelli insanguinati tacciono perché hanno più cara la vita di ogni altra cosa. E il sangue è il marchio della vita, perché se la parola non salva lo dovrà fare il sangue. Inferno è un padre che toglie la vita ai figli. L’inferno esiste ed è pieno. Non è al di là, ma al di qua, con mappe e indirizzi. "

Alessandro D'Avenia , Ciò che inferno non è