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" Credo di poter dire oggi che ci siano due nuovi concetti che da allora sono diventati emblematici del mio rinnovato alfabeto fotografico: il senso dell'infinito come oggetto, come spazio osservato, che sta fuori e al di là della macchina fotografica, e che io non avevo mai rappresentato prima, e la pratica della contemplazione, che induceva uno sguardo lungo, uno sguardo iperanalitico che, per vedere e rappresentare quello che mi stava davanti, aveva bisogno di un tempo dilatatissimo. Ho scoperto "la lentezza dello sguardo". Uno sguardo lento, come era stato per Eugène Atget e Walker Evans, uno sguardo che mette a fuoco ogni cosa, che porta a cogliere tutti i particolari, a leggere la realtà in un modo assolutamente diretto: quindi il grande formato, il cavalletto, il ritmo rallentato, la luce così com'è, senza filtri, guardare e basta. In contemplazione davanti a questa meraviglia della natura ricca e mutevole. La fotografia rischia persino di essere qualcosa di estraneo, che infastidisce, ma che si usa perché è l'unico mezzo possibile per raccontare ad altri quello che si prova, si vede e si comprende. E in questo senso è anche un documento: di quello che si è visto. "

, Architetture, Città, Visioni: Riflessioni Sulla Fotografia


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 quote : Credo di poter dire oggi che ci siano due nuovi concetti che da allora sono diventati emblematici del mio rinnovato alfabeto fotografico: il senso dell'infinito come oggetto, come spazio osservato, che sta fuori e al di là della macchina fotografica, e che io non avevo mai rappresentato prima, e la pratica della contemplazione, che induceva uno sguardo lungo, uno sguardo iperanalitico che, per vedere e rappresentare quello che mi stava davanti, aveva bisogno di un tempo dilatatissimo. Ho scoperto