Home > Author > Antonia Pozzi
1 " Che cosa è un ritorno? Una cosa che, per qualche ora, scioglie i groppi duri che separano l’oggi dall’ieri e fonde il passato e il presente con sicurezza fresca, dove il male non ha luogo.La mia anima di oggi, la mia anima dell’anno passato, si sono ritrovate senz’urto e restano ancora abbracciate, stasera, in questo mio studio strano, fatto di mobili vecchi, accattati un po’ dappertutto; lo zoccolo di legno, l’armadio a muro, odoroso di pino, la finestra bassa e larga, il soffitto e le pareti irregolari gli danno l’aspetto di una baita alpestre.È tanto lontano dalle altre stanze, che non vi giunge nessun rumore della casa.Solo, dal giardino, dei brusii monotoni: oggi, nell’afa pomeridiana, era il ronzio delle api sui tigli fioriti; ora, è l’indolenza di una pioggerellina abulica.Qualche ora fa, quando sono entrata, l’odore caratteristico di queste pareti mi ha investito e contorto il cuore come uno strappo brusco di redini…Da questo tavolo, l’anno scorso, non ho mai pensato a Dio.Quest’anno ci penserò. A Carnisio, ho tanto studiato: con calma, senza affanno. Sono contenta. Sono anche abbastanza buona. Prima di venire a scriverle, ho sonato le Fontane di Roma, per levigarmi l’anima.E’ terribile essere una donna, ed avere diciassette anni.Dentro non si ha che un pazzo desiderio di donarsi. "
― Antonia Pozzi , L'Antonia. Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti
2 " Perché io sono come i gatti: che si affezionano più alle cose che agli uomini, più ai muri che alla faccia del padrone. È così orribile, sai, pensare che io tornerò nel mio paese, e continuerò a vivere e poi morirò e tutte le cose che sono state mie per tanti giorni, la chiesa, il chiostro, il giardino della casa e tutto, tutto, continueranno a vivere staccate da me, avulse da me, morte per i miei occhi. "
3 " Perché non per astratto ragionamento, ma per un’esperienza che brucia attraverso tutta la mia vita, per una adesione innata, irrevocabile, del più profondo essere, io credo, Tullio, alla poesia. E vivo della poesia come le vene vivono del sangue. Io so che cosa vuol dire raccogliere negli occhi tutta l’anima e bere con quelli l’anima delle cose e le povere cose, torturate nel loro gigantesco silenzio, sentire mute sorelle al nostro dolore. Perché per me Dio è e non può essere altro che un Infinito, il quale, per essere perennemente vivo e quindi più Infinito, si concreta incessantemente entro forme determinate che ad ogni attimo si spezzano per l’urgere del fluire divino e ad ogni attimo si riplasmano per esprimere e concretare quella Vita che, inespressa, si annienterebbe. Ora Lei vede che un Dio così non si può né chiamare né pregare né porre lungi da noi per adorarLo; Lo si può soltanto vivere nel profondo, poi che è Lui l’occhio che ci fa vedere, la voce che ci fa cantare, l’amore, ed il dolore che ci fa insonni. E questa nostra vita irrimediabile, questo nostro cammino fatale, in cui ad ogni istante noi realizziamo, noi creiamo, per così dire, Dio nel nostro cuore, altro non può essere che l’attesa del gran giorno in cui l’involucro si spezzerà e la scintilla divina balzerà nuovamente in seno alla grande Fiamma. Ora, di questo Dio che non si lascia staccare dalla vita, dove possiamo avere più immediato il senso che nei momenti in cui più la lotta si acuisce tra lo spirito e le forme che inceppano il suo fluire? E non è la poesia uno di questi momenti? L’estasiata gioia del sogno non si sconta forse nel bisogno e nella fatica di gettare quel sogno in parole? e un po’ dell’assolutezza divina non riluce forse nell’atto di quella fatica? Io credo che il nostro compito, mentre attendiamo di tornare a Dio, sia proprio questo: di scoprire quanto più possiamo Dio in questa vita, di crearLo, di farLo balzare lucendo dall’urto delle nostre anime con le cose (poesia e dolore), dal contatto delle nostre anime fra di loro (carità e fraternità). Per questo, Tullio, a me è sacra la poesia; per questo mi sono sacre le rinunce che mi hanno tolto tanta parte della giovinezza, per questo mi sono sacre le anime ch’io sento, di là dalla veste terrena, in comunione con la mia anima. "
4 " Ma non pensare più di finire. Che la montagna è la prima che ci insegna a durare, nonostante gli squarci e gli strazi. "
5 " Ho tanta fede in te. Mi sembrache saprei aspettare la tua vocein silenzio, per secolidi oscurità.Tu sai tutti i segreti,come il sole:potresti far fiorirei gerani e la zàgara selvaggiasul fondo delle cavedi pietra, delle prigionileggendarie.Ho tanta fede in te. Son quietacome l'arabo avvoltonel barracano bianco,che ascolta Dio maturarglil'orzo intorno alla casa. "
― Antonia Pozzi
6 " GridoNon avere un Dionon avere una tombanon avere nulla di fermoma solo cose vive che sfuggonoessere senza ieriessere senza domanied accecarsi nel nulla- aiuto –per la miseriache non ha fine. "
7 " Desiderare di donarsi non può non essere la suprema delle aspirazioni di una creatura; ma volersi ad ogni costo donare quando del rifiuto delle cose si ha già coscienza, è uno sconfinare illecito, un proiettarsi in gigantesche fantasie che non hanno più realtà di un'ombra nera sul muro. "
8 " La vita sognataChi mi parla non sache io ho vissuto un’altra vita –come chi dicauna fiabao una parabola santa.Perché tu erila purità mia,tu cui un’onda biancadi tristezza cadeva sul voltose ti chiamavo con labbra impure,tu cui lacrime dolcicorrevano nel profondo degli occhise guardavamo in alto –e così ti parevo più bella.O velotu – della mia giovinezza,mia veste chiara,verità svanita –o nodolucente – di tutta una vitache fu sognata – forse –oh, per averti sognata,mia vita cara,benedico i giorni che restano –il ramo morto di tutti i giorni che restano,che servonoper piangere te. "
9 " Ed io ho guardato in su le prime stelle:l’infinito mi ha dilatato il cuore.Milano, 15 maggio 1929 "
― Antonia Pozzi , Mia vita cara. Cento poesie d'amore e silenzio
10 " Anima, andiamo. Non ti sgomentaredi tanto freddo, e non guardare il lago,s’esso ti fa pensare ad una piagalivida e brulicante. Sí, le nubigravano sopra i pini ad incupirli.Ma noi ci porteremo ove l’intricodei rami è tanto folto, che la pioggianon giunge a inumidire il suolo: lieve,tamburellando sulla volta scura,essa accompagnerà il nostro cammino.E noi calpesteremo il molle stratod’aghi caduti e le ricciute macchiedi licheni e mirtilli; inciamperemonelle radici, disperate membrabrancicanti la terra; strettamenteci addosseremo ai tronchi, per sostegno;e fuggiremo. Con la piena forzadella carne e del cuore, fuggiremo:lungi da questo velenoso mondoche mi attira e mi respinge. E tu sarai,nella pineta, a sera, l’ombra chinache custodisce: ed io per te soltanto,sopra la dolce strada senza meta,un’anima aggrappata al proprio amore. "
― Antonia Pozzi , Parole
11 " PensieroAvere due lunghe alid’ombrae piegarle su questo tuo male;essere ombra, paceseraleintorno al tuo spentosorriso.Maggio 1934 "
― Antonia Pozzi , Desiderio di cose leggere
12 " BellezzaTi do me stessa,le mie notti insonni,i lunghi sorsidi cielo e stelle – bevutisulle montagne,la brezza dei mari percorsiverso albe remote.Ti do me stessa,il sole vergine dei miei mattinisu favolose rivetra superstiti colonnee ulivi e spighe.Ti do me stessa,i meriggisul ciglio delle cascate,i tramontiai piedi delle statue, sulle colline,fra tronchi di cipressi animatidi nidi –E tu accogli la mia meravigliadi creatura,il mio tremito di stelovivo nel cerchiodegli orizzonti,piegato al ventolimpido – della bellezza:e tu lascia ch'io guardi questi occhiche Dio ti ha dati,così densi di cielo –profondi come secoli di luceinabissati al di làdelle vette – "
13 " Stasera la mia sonnolenzaa gravare sopra un divanetto scomodoinvicibilmentee la corrosione tremula della pioggiain un canale troppo vicinoa incidermi nell’animapenosamenteil balenìo delle tue lacrime. "